Subito dopo la prima proiezione di Hit Man al Festival di Venezia abbiamo incontrato Richard Linklater per un’intervista

Non è difficile credere che Richard Linklater non ami gli intrecci delle trame, basta vedere quanto poco ricorrono nella sua filmografia e quelle volte che lo fanno quanto siano leggeri e convenzionali, un canovaccio per poter fare altro. Eppure Hit Man è uno dei film dall’intreccio e dalla trama più sofisticata, complicata e precisa visti negli ultimi anni, una costruzione millimetrica da vero ingegnere della sceneggiatura. C’è la perfetta architettura noir, sposata non si sa come con la perfetta architettura da screwball comedy e tutto a partire da una storia vera con uno humor devastante.

Hit Man è stato presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia, occasione nella quale abbiamo incontrato per un’intervista Richard Linklater e come prima cosa gli abbiamo chiesto proprio della scrittura.

“Te lo dico onestamente: io non credo nelle trame. Sono noiose e solitamente sono piene di stronzate. Roba fasulla. Ma questo è un film ambientato in un mondo di sicari, un mondo falso in cui tuttavia accadono dinamiche che potrebbero davvero succede nella vita vera”.

Alcuni dei tuoi film più amati del resto non hanno una trama da La vita è un sogno a Tutti vogliono qualcosa fino alla Before trilogy...

“Non ci sono dubbi che questo sia il mio film più scritto, con più trama e cambiamenti. E ne sono cosciente. Ci sono dei cadaveri, cosa che solitamente io non scrivo mai. È stato davvero difficile per me ritrovarmi a fare un film così “tramoso”, non è facile e devi stare attento, non si può sbagliare niente”. 

Sarà anche la tua prima volta ma il risultato è fenomenale e estremamente libero. Prima usi l’architettura più tipica del noir, con le promesse di sesso…

“Sì, il piacere lo perderà!”

…e poi ribalti tutto verso la commedia romantica, con la bugia che unisce la coppia e nel terzo atto la dividerà. Lo hai fatto programmaticamente? Volevi mettere a confronto due strutture diverse?

“In un certo senso. La storia vera in realtà finisce quando lui la lascia andare, dopo averle sconsigliato l’omicidio. Da lì in poi è tutto scritto da noi. Dunque mentre ragionavamo su quella parte mi sono reso conto che quella situazione era da perfetta screwball comedy. Certo in una versione più dark, perché è un incontro davvero macabro con tanto di piano per un omicidio. In seguito, mentre esploravamo il personaggio di lei, abbiamo capito che in realtà lo sta incastrando: ‘E allora questo è un noir! Esploriamolo!’. Poi di nuovo ci pareva che fosse interessante immaginarli come fatti per stare insieme. E quindi di nuovo torna la screwball comedy classica degli anni ‘30 e ‘40. Con un po’ di cadaveri in più. Del resto in un noir o finisci in prigione o finisci morto. Ma oggi è tutto più malato di una volta, non è così semplice la nozione di verità e identità, serviva un twist diverso”.

Ho visto che Glen Powell, oltre a interpretare il ruolo protagonista, è anche accreditato come sceneggiatore.

“Ci abbiamo lavorato insieme durante la pandemia, e poi anche le prove sono state parte del processo di riscrittura. Quindi anche Adria, quando è salita a bordo, è diventata la terza partner creativa, aveva tantissime idee molto forti sul suo personaggio, è molto sveglia e divertente”.

Com’è possibile che qui a Venezia non sia in concorso?

“Ma guarda non lo so… A me piace il fuori concorso, non amo la competizione nelle arti. Non lo so. Mi hanno detto ‘Fuori concorso?’ e io ‘Ok, mi va bene una premiere fuori concorso, mi sembra perfetto’. Immagina che sono cose che accadono a un livello decisionale più alto del mio”

Il film parla di come costruiamo la nostra identità ma nel farlo mette in scena i meccanismi della recitazione. Il protagonista non solo recita ma spiega come si recita, dallo studio sul personaggio, al trucco fino alla proiezione del suo pubblico potenziale. Quanto di questo è uno sforzo conscio?

“È esattamente quello che mi ha attirato, una persona che si guadagna da vivere non essendo se stesso. Un conto sono gli attori ma non tanti altri hanno un lavoro in cui interpretano qualcuno che non esiste, eppure credo che noi tutti in una certa maniera lo facciamo, sentiamo di avere altri aspetti di noi stessi che non esprimiamo. Magari io sono introverso ma vorrei essere estroverso e dovrei recitare un ruolo per esserlo”.

hit man

Questa forma di recitazione spontanea che facciamo tutti secondo te in che relazione sta con la vera recitazione professionale?

“Molti attori ti dicono che la gente recita continuamente, ti comporti diversamente davanti ai genitori o agli amici, anche nelle relazioni sentimentali recitiamo, all’inizio siamo sempre migliori e più vai avanti più diventi chi sei realmente, perché non possiamo fingere troppo a lungo. Ma mi sono chiesto anche ‘È possibile cambiare davvero?’ e ho letto molto riguardo al fatto che puoi davvero essere un altro e migliorarti”.

I tuoi film sono sempre recitati benissimo, ma stavolta Adria Arjona ogni volta che è in scena in ogni cosa che fa ha dietro i suoi occhi una violenza latente incredibile. Per raggiungere questo livello in ogni singola scena c’è bisogno che tu sia sempre attento e la supporti indirizzandola o è qualcosa che potete concordare una volta sola all’inizio?

“Innanzitutto queste che descrivi sono le sue idee sul personaggio e credo che questa costanza venga dalla quantità di prove che facciamo. E ne facciamo tante. E poi riscrivo. E poi prove ancora…”. 

Questo è un film che ha richiesto molte riscritture?

“Guarda io non so nemmeno quantificare il numero di riscritture. Anche dopo le prove. La scena verso la fine in cui litigano per finta, recitando entrambi una parte mentre sono ascoltati dalla polizia, ha richiesto settimane e settimane di prove”.

In quella scena Adria Arjona mostra un graduale e impercettibile eccitamento sessuale di fronte al fatto che sta di nuovo compiendo un crimine con lui, interpretando qualcosa che non è…

“Entrambi recitano ma in un certo senso stanno recitando entrambi anche la prima volta che si incontrano e questo per me era interessante”

Non posso credere che non fosse voluto il fatto che poi in quella scena, da che lui si comporta come un attore, inizia a comportarsi come un regista, le suggerisce le battute, la posiziona, le suggerisce l’enfasi…

“Sì sì lo ammetto. Ci siamo divertiti con quella cosa”.

Ti devo fare una domanda che so che ti fanno tutti. Anche io faccio parte della lobby a favore della prosecuzione della Before trilogy, quindi ti devo fare la domanda di rito per esercitare un po’ di pressione: a quando il quarto capitolo?

(ride) “Allora: abbiamo mancato la nostra finestra di 9 anni…”

Ed è stata una grande delusione…

“…lo so mi dispiace. L’ultimo film è stato davvero faticoso da fare e ci stiamo ancora riprendendo. Comunque mai dire mai, anche se ora non è in programma niente. Tuttavia finchè siamo tutti vivi c’è sempre una possibilità, non sarei sorpreso di farne un altro ma no, al momento non ci sono piani. Ma chi lo sa tra altri dieci anni… Magari in Italia, magari sono in vacanza con i nipoti… No scherzo, non lo so davvero….”

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