È l’autore di punta del cinema russo contemporaneo, parla piano, è austero ma anche dotato di un senso dell’umorismo tutto suo. Non parla nessuna lingua che non sia il russo. Aleksandr Sokurov è di nuovo a Venezia dopo la vittoria con il Faust e concede un’altra delle sue interviste senza mezzi termini, in cui non ha timore di dire tutto quello che gli altri nascondono, sorvolano e non vogliono ammettere. Fare film, anche per lui è dura, ma non smette.

Francofonia è un’opera sul Louvre e molto di più, sulla storia europea, il senso dell’arte e il ruolo dell’arte nella storia e nella politica. Tutto filtrato dal suo animo e, addirittura dalla sua presenza in video. Come in ogni intervista con Sokurov ad un certo punto è saltato fuori Eisenstein. Stavolta ci ha messo un po’ di più del solito.

Anni fa, all’epoca di Aleksandra, ti intervistai e mi dicesti che non partecipi mai ai festival specie in competizione, perchè non ha senso per te far competere due film, non ha senso che qualcuno giudichi un tuo film migliore di un altro. Poi sei venuto a Venezia con Faust e addirittura hai vinto. Adesso ritorni in competizione, hai cambiato idea?

Prima o poi doveva succedere che qualcuno me lo chiedesse. Lo sapevo. Questa non è la distanza che corro e non è il mio stadio, qui si esibiscono produttori e distributori, io li osservo correre e sto solo qui per portargli l’acqua. Quest’intervista è un bicchier d’acqua che gli offro per l’appunto. Il cinema è organizzato in maniera tale che bisogna partecipare al concorso, è il modo più economico per promuovere un film e i miei produttori sono squattrinati. Mio malgrado sono costretto ad aiutarli, francamente sarei più contento a stare nel mio studio ma devo.

Dunque non le è interessato molto aver vinto qualche anno fa con Faust?

È solo caso, nei festival ci sono tanti film di registi bravissimi e di sicuro ci sono film molto migliori del mio che avranno tutti i premi. Auguro a loro di vincere, io ora parto e non vorrei davvero dover tornare. Nell’anno di Faust c’erano molti film belli in concorso, non so perchè abbiano scelto il mio, è stato un puro caso. Sapete anche voi che i festival sono imprevedibili. Non è la mia strada davvero.

La compagnia che produce Francofonia si chiama “ideal audience”, qual è il suo pubblico ideale?

Innanzitutto una persona illuminata e istruita, in grado di affrontare la fatica della comprensione, cioè quella necessaria per comprendere un’altra persona. Io sono in grado di faticare per comprendere un’altra persona. Deve essere uno spettatore che ama la musica, a cui interessano i rapporti tra le persone e la drammaturgia di questi rapporti, quindi è evidente che i miei film non sono per il pubblico di massa. Io amo lo spettatore e vorrei molto che mi comprendesse ma non mi offendo se non accade, perchè vuol dire che non sono stato in grado di spiegarmi. Del resto sono umano.

Nel suo film l’arte è in pericolo e a salvarla sono gli uomini. Lei crede nella razza umana?

Senza dubbio! Perchè sono un uomo anche io, mica sono un alieno.

Come mai ha deciso di mettere se stesso in campo?

Una casualità dovuta al fatto che l’attore preso per quella questa parte non è stato disponibile all’ultimo. Quelle scene le abbiamo girate a casa mia con una camera particolare che ci hanno dato per un giorno solo di riprese, quando l’attore non si è presentato ho deciso di mettermi quel cappotto e farlo io, per questo sono sempre di schiena. Sono modesto.

La guerra fredda è un tema che sta tornando molto nel cinema commerciale, secondo lei perchè?

Perchè dà fastidio a molti e forse ogni tema così che si ripresenta mostra la volontà di depurarsi, purificarsi. Credo sia anche molto utile depurarsi di tanto in tanto. Ciò significa che passo passo estirpiamo questo peso puzzolente e sgradevole. La guerra fredda è un fenomeno maleodorante, come se gettarsi l’un l’altro il pesce marcio e odore di cadavere in decomposizione. Perchè le idee della guerra fredda sono idee nate morte, insensate e ottuse.

Lei ha innovato molto con il digitale. Cosa la affascina delle nuove forme, quali pensa siano oggi gli autori che scoprono nuovi linguaggi?

Di sicuro Dovzhenko e Eisenstein con Sciopero, Visconti e Bergman con Sussurri e Grida. Mi hai chiesto degli autori di oggi, questi non sono l’oggi, sono il domani.

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