Parlatemi del lavoro con realtà tipo Academy Two, I Wonder Pictures specie in materia di programmazione perché, essendo questo un monosala, dovete necessariamente proporre una multiprogrammazione.

Chiara: hai indicato le due realtà che, insieme a Cineteca di Bologna, sono quelle con cui collaboriamo in pianta stabile. Quest’anno tutte le loro pellicole sono passate sul nostro schermo. È una cosa su cui ho riflettuto molto e devo dire che si sono davvero fidate di noi. Durante il nostro primo anno di attività c’era l’ovvia necessità di conoscerci a vicenda, c’erano più pretese da parte loro in materia di tenitura, due settimane minimo e tutte queste cose. Quest’anno ormai ci conoscevamo tutti meglio, le distribuzioni sanno come proponiamo, promuoviamo e programmiamo i loro film e si sono fidati. Ci hanno permesso più volte di lavorare su una programmazione che fosse più adatta ai loro lungometraggi senza imposizioni particolari. È chiaro, quando il film esce, specie se c’è particolare attenzione mediatica, conviene anche a noi programmarlo, come si dice in gergo, in battuta. Ma quando magari non siamo riusciti o c’è stata la necessità di fare multiprogrammazione, quest’anno c’è stato concesso con più facilità. E si tratta di una concessione importantissima per un monosala. Blindare un unico schermo con un unico film, se hai a che fare con un Green Book della situazione, va bene perché ti ritrovi, gioco forza, a fare i conti con la performance della pellicola che ha un traino pubblicitario non indifferente, ma col cinema spesso lavori a scatola chiusa e non puoi sapere in anticipo come andrà un dato titolo. Diciamo che garantiamo sempre una settimana di tenitura, poi si vede in base ai casi. E le distribuzioni stesse hanno capito che, per lo meno qui, questo specifico modo di organizzare la programmazione dà dei risultati.

Francesco: ma che non tutti recepiscono!

Chiara: già perché magari altri con cui abbiamo avuto modo di lavorare dal 2018 a oggi, continuano a ribattere sempre sulla stessa cosa tanto che finisci per allentare i rapporti. Mai in maniera definitiva perché, in questo settore, niente è mai definitivo.

Ho una vaga idea di quello che intendi.

Chiara: talvolta si esce dalla porta e si rientra dalla finestra. Quello che tentiamo di fare è di lavorare con una prospettiva che sia il più a lungo termine possibile al netto delle tante variabili in gioco, fra questioni di concorrenza, cambi di data e così via. Un film prima è previsto in un dato periodo poi, per magia, scompare.

La vostra prima esperienza con Netflix risale a Sulla mia Pelle che era distribuito per la sala da Lucky Red. Poi i film Netflix sono passati nelle mani della Cineteca di Bologna e avete avuto la possibilità di mettere in cartellone, in passato, Roma di Alfonso Cuaròn che avete anche riproposto in occasione degli Oscar dell’anno scorso. Poi è toccato a The Irishman di Martin Scorsese, Storia di un Matrimonio di Noah Baumbach e I Due Papi di Fernando Meirelles. E vi siete, in maniera alquanto paradossale, beccati la pubblicità riflessa di un colosso che, da una parte, viene accusato di essere uno degli assassini dell’esperienza in sala, ma che, dall’altro, ha fatto quello che neanche la Paramount ha voluto fare, ovvero sborsare 150 milioni di dollari a Scorsese in maniera tale da poter dire “Questo film è una mia esclusiva” e mettere in moto una macchina da guerra da decine di milioni di dollari per la cosiddetta stagione dei premi.

Chiara: e suppongo che in futuro il trend si manterrà visto il loro livello di spesa che aumenta costantemente. Ti dico la mia: non ho mai avuto particolari timori perché credo che il pubblico, se ha la possibilità di scegliere, opterà sempre per la sala come prima modalità di fruzione. Per lo meno è quello che racconta la nostra storia perché altrimenti mi verrebbe da dire che, da queste parti, gli abbonati a Netflix non sono così numerosi. Oppure ce ne stanno parecchi che se, per alcuni titoli, hanno la possibilità di vederli in sala, preferiscono il cinema alla fruizione domestica.

Francesco: tieni anche conto che in ogni caso le produzioni Netflix che arrivano in sala tendono ad avere quel retrogusto d’essai che per noi è perfetto.

Sì, è comunque un’essai “pop” perché parliamo di gente come Cuaròn, Scorsese, Baumbach che hanno una certa presa su un determinato pubblico.

Francesco: certo. Sono prodotti che funzionano e magari altre produzioni Netflix, se venissero proposte al di fuori della piattaforma, non otterrebbero le stesse attenzioni. Abbiamo capito proponendo queste pellicole che 1) Non tutti hanno Netflix perché magari tende a far presa su una demografica più giovane, forse più interessata alle serie TV, ma non acchiappa necessariamente i pubblico di mezza età e oltre che il film non vuole vederselo a casa. 2) Abbiamo diversi clienti che sono abbonati a Netflix, ma che un film come Roma o The Irishman vogliono vederselo al cinema perché la visione televisiva non garantirebbe la medesima esperienza, anche se il discorso può cambiare da film a film. Per quel che ci riguarda, non abbiamo paraocchi di natura ideologica anche se lavoriamo in un settore che fa spesso leva su una certa ideologia a base di “Netflix è il male assoluto e chi si schiera con quell’azienda è un collaborazionista”. Per noi non è così. Anche perché, diciamocelo, non è che se non proponi i film prodotti da Netflix inneschi chissà quale cambiamento. Non è che Netflix chiude perché qualche decina di cinema italiani decidono di non proiettare i suoi film. Quello che una realtà come Netflix può ottenere dal cicuito cinematografico in Italia è la porzione infinitesimale di una mollica del suo fatturato che si basa sugli abbonamenti.

Va anche sottolineato che, in media, i film Netflix ottengono una copertura di schermi che non è tanto dissimile da quella di un lungometraggio Sony Classic, con tutti i distinguo del caso relativi al fatto che il film Sony Classic può finire anche nei multisala, mentre Netflix è diventata una freccia all’arco delle sale indipendenti. Sai, molto spesso la nostra utenza si lamenta, sui social, che solo chi sta in una grande città può vedere i film Netflix al cinema, ma non è un destino tanto dissimile da quello di altri film d’essai o di nicchia che nel piccolo centro difficilmente arrivano.

Francesco: e penso che la situazione possa solo peggiorare con la chiusura dei monosala cittadini anche perché, ti assicuro, aprire una monosala da zero è una follia. Anche avendo già una sala, ammesso e non concesso che sia già a norma, devi spendere almeno 30, 40k euro di proiettore. E quando li recuperi considerati i margini di guadagno da cui poi devi sottrarre tutte le altre spese vive di gestione della sala? Per quel che ci riguarda, abbiamo fatto ottimi numeri, ma abbiamo lavorato sodo per ottenerli, come ti spiegava Chiara prima. Devi lavorare bene, con dedizione e allora puoi ottenere soddisfazioni anche dall’essai. E se non fossimo soggetti allo sbarramento su certe pellicole di cui ti ho già parlato, le soddisfazioni potrebbero essere anche maggiori e dormiremmo sonni anche più tranquilli grazie all’unione di incassi e qualità della proposta. Cosa che per carità riusciamo a fare, andando però a pescare i nostri jolly che ci permettono di far quadrare i conti.

Parlatemi di Cineteca di Bologna, i “sovversivi” che portano i film di Netflix in Italia.

Francesco: [ridendo, ndr] I diffusori del morbo!

Chiara: [ridendo, ndr.] Gli untori del settore! Li amiamo letteralmente.

Francesco: li adoriamo. Noi ci rapportiamo con Andrea Peraro che è la persona che si occupa della distribuzione, Quando la Cineteca ha iniziato a distribuire, noi siamo stati i primi a proiettare i loro film ad Ancona già con la gestione precedente. Poi c’è stata una pausa dovuta a questioni collegate, appunto, alla precedente gestione e per un po’ la relazione è terminata e i loro film sono finiti altrove dove, però, non hanno ottenuto dei risultati apprezzabili perché si tratta di pellicole “delicate” che hanno bisogno anche di un certo tipo di comunicazione promozionale da parte della sala. Il batti e ribatti social di cui parlavamo prima. Quando Chiara e io abbiamo preso in mano la sala, Cineteca di Bologna è “tornata a casa”, ci hanno dato completa fiducia e noi, da parte nostra, ringraziamo facendo tutto quello che Cineteca ci propone cercando di articolare il tutto in più e più serate possibili, massima tenitura anche per quel che riguarda i film di Netflix che riproponiamo finché possiamo.

Peraltro, scusa se ti interrompo, ma hai toccato una questione che volevo affrontare. Ogni volta che un film Netflix arriva al cinema si crea una certa confusione anche fra i cinefili più attenti e attente. “The Irishman sarà in sala il 4, 5 e 6 novembre” è un indicazione minima per creare l’evento, ma poi siete liberi di riproporre la pellicola anche quando arriva in streaming se lo desiderate, giusto?

Francesco: sì ed è anche una procedura molto semplice. Basta che comunichiamo alla Cineteca di Bologna quando vogliamo fare la proiezione, loro ci danno le chiavi digitali per sbloccare i contenuti ed ecco che questo fine settimana [25 e 26 gennaio, ndr.] proietteremo ancora Storia di un Matrimonio [su Netflix dallo scorso 6 dicembre, ndr.].

Chiara: finché Cineteca ha i diritti di sfruttamento del film in corso di validità, il film può essere riproposto. Hai ricordato tu stesso il caso di Roma che, lo scorso anno, abbiamo riproposto prima degli Oscar per festeggiare le nomination agli Oscar ricevute dal film. Addirittura per Roma avevano mantenuto i diritti anche per le programmazioni estive [Chiara si occupa anche della programmazione di una storica arena estiva del capoluogo marchigiano, ndr.]. Speriamo che sia così anche con The Irishman. Anzi, in realtà non facciamo altro che provare a chiedere più cose di Netflix! Per dire, ci sarebbe piaciuto molto proporre anche Panama Papers di Steven Soderbergh, ma non era di loro competenza distributiva.

Oddio, personalmente l’ho trovato pessimo, ma di sicuro il cast avrebbe fatto leva su una determinata fascia di pubblico, specie quello di una certa età.

Chiara: esatto, propone comunque dei nomi importanti fra regia e cast. Sarebbe bello anche mettere in cartellone un film come Diamanti Grezzi con Adam Sandler. Sono film che io, come gestrice di cinema, non avrei alcun timore a proporre anche a partire dal giorno stesso del loro arrivo in streaming.

Francesco: anche perché è un iter che conosciamo bene, un sentiero che abbiamo già percorso. Proponiamo sempre i film di Netflix anche dopo che sono arrivati sulla piattaforma e non abbiamo subito alcun tipo di contraccolpo negativo. Chiaramente le soddisfazioni maggiori sono arrivate da The Irishman, sai il nome di Scorsese ha ancora il suo peso. La performance è stata strepitosa.

Chiara: anche se lì le repliche erano sostanzialmente impossibili vista la durata del film. Abbiamo fatto la serale per i tre giorni di evento, poi lo abbiamo riproposto in altre occasioni, ma sempre alle 21 perché anticipare troppo o magari proporre un altro spettacolo pomeridiano in un contesto come Ancona non sarebbe servito negli infrasettimanali.

Parliamo di Oscar. Io e Chiara ci siamo sentiti prima delle festività Natalizie ed eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo sentiti dopo l’epifania. Poi ho tardato un po’ a farmi vivo più che altro perché avevo la certezza che i vari film che avete proposto, da Parasite a The Irishman, avrebbero ottenuto una pletora di candidature. L’anno scorso avete avuto Green Book che ha avuto una spinta finale proprio a ridosso degli Oscar.

Francesco: vero, anche se ci avevamo scommesso subito. Poi quando stava cominciando a scendere un po’, TAC, ecco gli Oscar.

L’avevate già visto alla Festa del Cinema di Roma?

Chiara: no

Francesco: no, ma avevamo davvero dei “good feelings” sul film

Comunque, fra i film in corsa quest’anno che avete proposto, per quali fate il tifo?

Chiara: io sono combattuta fra Parasite e Storia di un Matrimonio.

Francesco: [ridendo, ndr.] Ti rispondo in base a quello che fa comodo alla sala: Storia di un Matrimonio!

E invece fra quelli in gara che non avete potuto proporre?

Francesco: bella domanda… ma lascio la parola a Chiara.

Chiara: direi C’era una volta a Hollywood. L’ho amato. Quel finale da fiaba che rilegge la storia, alla fine avevo le lacrime. Mi è parso uno di quei film dove, probabilmente, tutti si sono divertiti tantissimo a lavorare. Brad Pitt dovrebbe avere l’Oscar in tasca e se prendesse anche quello per il Miglior Film sarei contenta.

NB: questa intervista è stata leggermente modificata e condensata per maggiore chiarezza.

 

 


 

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