Per quanto ce ne importa dei premi (non troppo, l’importante sono i film e il gradimento) c’era da augurarsi se non altro una premiazione che facesse comodo alla Mostra e più o meno ci siamo.

I film americani, quest’anno affluiti in massa al concorso, dovevano avere un certo riconoscimento (anche perché molti lo meritavano effettivamente) e la Coppa Volpi alla miglior attrice ad Emma Stone per La La Land e poi il Leone d’Argento Gran Premio Speciale della Giuria ad Animali Notturni di Tom Ford vanno in questa direzione. In più Jackie di Pablo Larrain ha vinto il premio alla miglior sceneggiatura (non propriamente un grande premio ma meglio di niente). È semmai Tom Ford a dover essere realmente contento del piazzamento, per lui che viene da un altro mondo (quello della moda), e che in questo del cinema è percepito come un alieno, essere consacrato da un giuria di un festival maggiore equivale all’ingresso dalla porta principale nel salotto dei registi veri.

Dall’altra parte c’è da chiedersi quanto questi premi facciano bene ai film. Perché non sempre e non per tutti un certo premio equivale ad una svolta, o anche solo ad una promozione. Dipende da molti fattori.

Per noi è un premio molto meritato, quello di Lav Diaz è cinema ai massimi livelli, ricerca, passione e capacità di utilizzare la lingua del cinema a livelli magistrali

Se infatti il premio alla miglior attrice quando va a un nome noto in un film che sarà noto, com’è per Emma Stone e La La Land, ha un senso, o quantomeno “serve”, incensa film e festival contemporaneamente (il primo, commerciale, viene nobilitato dal blasone di Venezia, il secondo ci guadagna ad aver premiato un film che poi piacerà al pubblico), è purtroppo totalmente inutile il premio ad Oscar Martinez di El Ciudadano Ilustre. Certo è un premio meritatissimo e onora un dato di fatto, cioè la gran prestazione dell’attore argentino, tuttavia non aiuterà il suo film. Per far conoscere, far girare e aiutare le vendite di un’opera così piccola serviva ben altro che il premio all’attore.

Viene da dire anche il doppio premio alla regia a un regista che in tempi recenti già era arrivato secondo a Venezia come Konchalovsky e poi ad Amat Escalante non fa un buon servizio a nessuno dei due. Cosa che non si può dire invece del premio per la miglior attrice esordiente ritirato da Paula Beer per Frantz. Lei sì che ne può avere bisogno! Infine (prima di passare all’elefante nella stanza) Ana Lily Amirpour con il suo premio speciale della giuria non ci farà molto. Il film appartiene alla categoria “cinema d’autore” e, contrariamente a Tom Ford o Damien Chazelle, che di questo tipo di benedizione potrebbero avere bisogno, ci fa poco con un premio minore. Un film come The Bad Batch, per le aspirazioni che ha, o vince qualcosa di molto molto grosso oppure non ne beneficia granchè.

Rimane il più importante dei premi assegnati al più lungo dei film, e al più convenzionalmente lontano dal pubblico. Almeno nell’immaginario collettivo: The Women Who Left di Lav Diaz.

È probabile che altri film del concorso (The Bad Batch? La Region Salvaje?) possano deludere di più il pubblico ma quanto a pregiudizio negativo il film filippino in bianco e nero di 4 ore non lo batte nessuno. E poco importa che in realtà duri 3 ore e 40 (mezz’ora più di Magnolia di Paul Thomas Anderson) e che racconti una storia lineare e molto dinamica. Ci sono delle etichette che nessuno ti leva di dosso e che un simile premio non fa che confermare e rilanciare. Da oggi in poi tutti si sentiranno in diritto di sapere già come sia un film che si presenta così. E per nessuno che non l’abbia visto sarà vedibile. Figuriamoci interessante o sorprendente! Noi della redazione pure ci siamo approcciati con diverse domande alla proiezione stampa, ma ne siamo usciti impressionati dalla compattezza e bellezza. Per noi è un premio molto meritato, quello di Lav Diaz è cinema ai massimi livelli, ricerca, passione e capacità di utilizzare la lingua del cinema a livelli magistrali. Non un’opera d’elite, difficile e impossibile da guardare, ma un film che se si possiede l’amore per le immagini e per i loro misteri, conquista.

Per un altro anno ancora il cinema d’autore sarà rappresentato da un oggetto strano a cui nessuno desidera avvicinarsi

Purtroppo questa scelta non farà bene al nome del festival, come non l’ha fatta l’anno scorso la premiazione di Ti Guardo. Perché quest’anno più che mai Venezia non è stata un’edizione di film di cui la gente diffida, anzi, è stata un’edizione di grande avvicinamento al pubblico, con tanto cinema commerciale in gioco. Ma come spesso capita i presidenti di giuria che lavorano a un cinema molto commerciale cercano di premiare il proprio opposto. E così è andata. Per un altro anno ancora il cinema d’autore sarà rappresentato da un oggetto strano a cui nessuno desidera avvicinarsi, tutti contenti e sereni di non dover fare nessuno sforzo di comprensione e di considerare il cinema d’autore come qualcosa di lontano. Anche se in realtà non è più così.

A guardare il bicchiere mezzo pieno forse questo premio stimolerà i più curiosi, i più appassionati e più cinefili a cercare di recuperare qualcosa di Lav Diaz. Più probabilmente sentiremo solo nuove polemiche stanche sul cinema distante dal pubblico e sulle distribuzioni che non ci fanno vedere i film migliori (peccato che poi nessuno li vada a vedere e le povere distribuzioni ci rimettano).

Il Festival si è mosso nettamente in avanti, la premiazione è rimasta qualche anno indietro.

 

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