Ecco i migliori film di marzo 2023 che abbiamo visto al cinema o in streaming

Molto di quello che vediamo e raccontiamo con una recensione si perde. Alcune volte sono i film piccoli a non ricevere l’attenzione che meriterebbero, altre volte sono i migliori. Abbiamo così deciso di fare un piccolo riassunto ogni mese del meglio tra ciò che abbiamo visto. Senza distinzioni. Film usciti in sala, usciti in noleggio, usciti su una piattaforma in streaming come anche quelli visti ai festival e che non sono ancora usciti.

L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.

terra e polvere

Terra e polvere

Il cinema d’autore sta (ri)riscoprendo la terra. Alle storie di urbanizzazione infelice, infatti, si contrappone oggi una visione della terra nostalgica e malinconica, quasi fosse un Eden impraticabile in cui non è possibile fare ritorno. Di questa tendenza, Terra e polvere di Ruijun Li è un esempio lampante e centratissimo: in una storia di miseria contadina della Cina rurale, tutta di stenti e fatica, l’effetto nostalgia per quel modo di vivere “ingenuo” e autentico è esattamente tanto meraviglioso quanto insostenibile.

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what's love got to do with it?

What’s Love?

Prendete una commedia romantica di Richard Curtis. Poi unitela a Il mio grosso grasso matrimonio greco, aggiungeteci un po’ della passione di Bollywood nel fare film multigenere (con dentro dramma, commedia, musical) e otterrete What’s Love? di Shekhar Kapur. Un film non solo divertentissimo ma anche emozionante, intelligente, acuto, dotato di una leggerezza e di una semplicità di visione che solo le più grandi commedie riescono ad ottenere.

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mixed by erry film

Mixed by Erry

Ma chi ti ha detto che le cose si fanno come dicono gli altri?”, è una delle frasi di Mixed By Erry ma potrebbe stare in qualsiasi film di Sydney Sibilia, sintesi estrema di una filmografia piena di antieroi che per raggiungere obiettivi che il mondo intorno a loro gli impedisce di raggiungere intraprendono imprese eccezionali, immaginando quello che nessun altro ha ancora immaginato. Il brivido e l’eccitazione nei film di Sibilia stanno qui, la sensazione di cui va a caccia continuamente è quella che sgorga nel momento in cui dall’unione di una necessità, un’aspirazione e una conoscenza approfondita si forma un’idea che è così diversa da tutte le altre da sembrare folle, almeno fino a che non la si mette in pratica, cambia il mondo e diventa la regola.

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il capofamiglia

Il capofamiglia

Con una monoespressività rassegnata, apatica, e senza dire praticamente una parola per tutto il film, la madre comincia allora a cercare di rintracciare il mago e contemporaneamente si adopera in qualsiasi modo per far ritornare il marito umano, in un accidentato percorso di possibile emancipazione. Tra rituali oracolari delle più varie fattezze, Omar El Zohairy ci parla di un mondo in cui ogni cosa visibile è credibile e reale. La freddezza della regia è data dalla staticità di tutte le inquadrature: come se adottassimo il punto di vista onniscente di una finzione teatrale, scena dopo scena vediamo scorrere la trama di questo teatrino grottesco dove ogni minimo gesto sembra qualcosa di enorme.

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benedetta

Benedetta

In quel luogo in cui la carne è un problema che può essere tenuto a bada solo con il dolore, Benedetta scala la gerarchia infliggendosi dolore e lo fa per poter invece godere del proprio corpo (una delle trovate migliori è che quel legno che doveva sostituire la carne lei lo usa come strumento di piacere, una statuetta della madonna che, intagliata, diventa un dildo, immagine eccezionale). Verhoeven non rinuncia ovviamente alla sua usuale durezza, ma questa storia che chiunque poteva filmare come un dramma di privazioni e spietata ricerca del dominio lui lo arricchisce di tantissime note di commedia, iniettando di continuo un’ironia ficcante. Come già visto in ElleVerhoeven sa divertirsi anche con le storie drammatiche, ridendo del modo disincantato e pragmatico con cui la chiesa vedeva la spiritualità in quel tempo.

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il futuro in un bacio

Il futuro in un bacio

Il titolo potrebbe ingannare, eppure Il futuro in un bacio non è la commedia romantica qualunquista e melensa che si potrebbe pensare. In un certo senso questo film diretto da Alauda Ruiz de Azúa e scritto da Cristóbal Garrido e Adolfo Valor di classico ha tantissimo: la retorica del “trovare l’amore nelle persone più impensabili”, lo svolgimento, i personaggi genericamente abbozzati. Ciò che tuttavia rende Il futuro in un bacio una piacevolissima visione è la sua premessa surreale (che permette un po’ di situazioni interessanti e divertenti), la scioltezza dei dialoghi, alcune idee di messa in scena. Lo svolgimento non sarà altrettanto bello quanto la prima parte (si perde delle belle occasioni di fare cose veramente originali) tuttavia a Il futuro in un bacio va riconosciuta l’accortezza di voler fare nella sua semplicità un lavoro davvero curato.

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l'ultima notte di amore

L’ultima notte di amore

Andrea Di Stefano è al terzo film dopo un Escobar con Benicio Del Toro e un’altra produzione americana, The Informer, da cui già si notavano capacità e visione di cinema superiori alla media italiana quando si parla di genere. La creazione e scrittura della serie Bang Bang Baby ha poi tolto ogni dubbio sulle doti da sceneggiatore. Ora L’ultima notte di Amore mette insieme le due professionalità e tira fuori quello che senza dubbio è il miglior poliziesco italiano degli ultimi anni, un modello per chiunque voglia fare questo tipo di film da oggi in poi e un punto di riferimento per gli spettatori, uno sotto il quale non dovrebbero accettare di andare. Perché possiamo e perché così si scrivono e girano film.

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tetris taron egerton

Tetris

Non era facile chiudere in un film di due ore la storia di come Tetris sia arrivato in Occidente passando per il Giappone con il ruolo fondamentale dell’America. Noah Pink (sceneggiatore) fa un lavoro molto complicato di semplificazione e schematizzazione delle parti in causa per rendere digeribile una storia che somiglia di gran lunga più ad una di spionaggio, fatta com’è di intrighi, sotterfugi e doppi giochi, che ad una in cui viene raccontato come qualcosa è creato e inventato. È la storia del processo di commercializzazione di Tetris e non quella della sua creazione. Per questo è complicata e per questo è così ben integrata con il momento storico in cui è avvenuta, ad un passo dal crollo dell’Unione Sovietica.

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