Ecco i migliori film di luglio 2022 che abbiamo visto al cinema o in streaming

Molto di quello che vediamo e raccontiamo con una recensione si perde. Alcune volte sono i film piccoli a non ricevere l’attenzione che meriterebbero, altre volte sono i migliori. Abbiamo così deciso di fare un piccolo riassunto ogni mese del meglio tra ciò che abbiamo visto. Senza distinzioni. Film usciti in sala, usciti in noleggio, usciti su una piattaforma in streaming come anche quelli visti ai festival e che non sono ancora usciti.

L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.

I migliori film di luglio 2022

the princess

The Princess

The Princess non ha nessun timore di mettere il comparto di messa in scena prima di quello di scrittura, elabora un canovaccio molto semplice (una storia di rivoluzione, resistenza al patriarcato e affermazione della propria indipendenza) attraverso una serie di calci molto complicati. Joey King dopo The Kissing Booth fa un grande lavoro di preparazione, è in movimento per tutto il tempo e praticamente tutti gli stunt li fa da sé in scene con pochi tagli, riprese uniche dalla testa ai piedi e la macchina a mano che partecipa alle coreografie. Lo standard impostato da The Raid: Redemption e sempre più copiato in America.”

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ada

Ada

“Questa non è la storia di una ribelle che vuole fuggire ma di una persona tenuta con forza assieme alla famiglia che tuttavia è essa stessa combattuta tra desiderio e dovere, istinto e paura. Il film insomma è scritto benissimo (ma del resto uno degli sceneggiatori ha curato la parte russa dei dialoghi di Scompartimento n.6) ed è diretto ancora meglio fin dalla prima inquadratura, una bomba. Subito veniamo colpiti dalla recitazione di Milana Aguzarova, la protagonista, empatica, desiderabile e fragile ma cresciuta in un luogo in cui non è concesso esserlo. Tutto in un paio di pose. Per tutto il resto del film brucerà di desiderio, ci pare di leggerglielo addosso nonostante lo voglia nascondere ma in realtà è lei (Aguzarova) che riesce a rendere sia una volontà che l’ingenuità di nasconderla male, in modo che sia evidente a tutti”.

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not okay

Not Okay

Quinn Shephard scrive e dirige questo secondo film dimostrando una chiarezza di pensiero e una capacità di parlare di società attraverso strutture standard che non è comune. Soprattutto non dimenticando nulla, anche di coinvolgere “gli altri” nella sua critica. Danni infatti lancia l’hashtag #ImNotOkay che riscuote un gran successo perché consente a tutti di potersi professare vittima di qualcosa, di mettersi nella posizione di essere quelli da compatire. Né Quinn Shephard dimentica di dare una spallata alla vera rabbia di protesta, disegnando la vera vittima amica di Danni con i toni furiosi di Greta e poi trovando in un eccezionale finale un rispetto vero per le vere vittime che non salva la protagonista ma anzi la condanna ad una vergognosa uscita di scena priva di redenzione.

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aloners

Aloners

L’aspetto più particolare e interessante di Aloners è che si crea uno stranissimo equilibrio tra il metafisico delle diverse suggestioni presenti nella trama (molto più abbozzate che spiegate, ma è anche questo il loro bello) e il pragmatismo registico di Hong Seong-eun, che con una mano fermissima prosegue decisa nel ritrarre Jina come una statua, immobile, delegando al solo percorso di trasformazione attoriale la responsabilità di segnare in modo più evidente i picchi di intensità del film. Gong Seung-yeon è in questo senso sorprendente, e quasi ipnotizza per la sua gestualità dura (che rivela un grande dolore represso), il suo sguardo fiero e fragile e i suoi momenti di esitazione a stupore, unici momenti di micorscopica apertura ma di una forza narrativa sconcertante.

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secret love

Secret Love

Avvolto da un alone di tristezza dolce amara e di delicatissima poesia, Secret Love vede come protagonista la giovane domestica Jane Fairchild (Odessa Young), un’orfana senza famiglia che serve in una ricca casa borghese. La trama è quella di una storia d’amore – Jane ha una storia con Paul Sheringam (Josh O’Connor), giovane benestante – eppure il vero cuore del film sta tutto nel tema della privazione, della perdita delle persone amate, e nella scrittura e nel racconto come terapie per superare il dolore. La relazione tra i due amanti è un po’ quella, a parti invertite, di Un posto al sole di George Stevens: l’impossibilità dell’amore è data dalla posizione sociale, e se Stevens costruiva questa ipotesi nel melodramma a tinte noir, Eva Husson propone la sua piccola e modesta versione (ma pur sempre incantevole) con uno spirito “fatato” e uno stile asciutto, fatto di tantissimi dettagli e particolari che la regista insegue in un’osservazione quasi ossessionata, dove gli oggetti e i volti sono il punto d’attrazione e i significanti di ogni azione dei personaggi.

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the twin

The Twin

In The Twin c’è davvero pochissimo di soprannaturale: gioca quasi tutto nel regno del possibile (a parte giusto due dettagli), e questa è probabilmente la sua mossa più astuta. Mentre seguiamo Rachel nel suo girovagare tra la nuova, grandissima e vecchia casa e i dintorni del paese, mentre ascoltiamo le “solite” profezie della vecchia profetica (una strepitosa Barbara Marten) e ci aspettiamo il peggio dallo sguardo cupo del piccolo Elliott, ciò che attendiamo davvero (con una buona dose di trepidazione) è di riuscire a capire cosa sta succedendo. E funziona benissimo così.

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